I peli sulla superficie delle felci d’acqua potrebbero consentire alle navi di avere una diminuzione del 10% del consumo di carburante. La pianta ha la rara capacità di causare una sorta di bolla d’aria sotto l’acqua. I ricercatori dell’Università di Bonn, Rostock e Karlsruhe mostrano ora nella rivista Advanced Materials come la felce provochi questa reazione.
I loro risultati possono essere usati per la costruzione di nuovi tipi di scafi con attrito ridotto. La felce d’acqua Salvinia molesta è estremamente idrofoba. Se è sommersa e, successivamente, tirata fuori, il liquido viene immediatamente espulso da essa, facendola diventare completamente asciutta. O per essere più precisi: non è mai stata veramente bagnata. Per far ciò, la felce si circonda da una bolla di aria che impedisce alla pianta di venire a contatto con del liquido anche dopo essere stata immersa per una settimana.
I ricercatori chiamano questo comportamento ”superidrofobico“. Questa proprietà ha suscitato un gran interesse per molte applicazioni come la rapida essiccazione dei costumi da bagno o semplicemente per ridurre il consumo di carburante nelle navi. Nel frattempo, è possibile costruire superfici superidrofobiche modellate sulla natura. Tuttavia, queste “repliche” hanno uno svantaggio: lo strato che si forma su di loro è troppo instabile. Nell’acqua in movimento scompare dopo qualche ora al massimo.
I ricercatori tedeschi hanno decifrato il trucco utilizzando la felce per scovare i segreti della sua bolla d’aria. È noto da alcuni anni che sulla superficie delle sue foglie ci sono piccole peli simili a delle fruste. Questi sono idrofobi, tengono cioè l’acqua a distanza.
Ma questa è solo una faccia della medaglia:
Siamo stati in grado di dimostrare che le punte più periferiche delle fruste sono idrofile, cioè che amano l’acqua. Immerse nel liquido circostante attirano ed espellono l’acqua dalla pianta ad intervalli regolari. Lo strato d’aria situato sotto di essa non può dunque sfuggire così facilmente
ha spiegato il professor Wilhelm Barthlott dell’Università di Bonn. Fino ad ora nelle navi container più della metà dell’energia di propulsione è persa a causa dell’attrito dell’acqua contro la carena. Con uno strato d’aria questa perdita potrebbe essere ridotta del 10% secondo le stime dei ricercatori. Dal momento che le navi consumano enormi quantità di carburante, l’effetto totale sarebbe enorme.
Probabilmente l’1% di tutto il consumo di carburante del mondo potrebbe essere risparmiato in questo modo
è la speranza del professor Barthlott.
Fonte: [Sciencedaily]
EcoBB 7 Maggio 2010 il 9:39 am
Se poi trasportassimo un po’ meno di prodotti, ne consumassimo un po’ meno, allora il risparmio sarebbe ancora maggiore.