Nel lontano 1986, a causa della rapida sparizione delle balene dagli oceani di tutto il mondo, fu imposta la moratoria sulla loro caccia. In pratica da quell’anno in poi non sarebbe più stato possibile cacciare l’animale più grande degli oceani per scopi commerciali. Tutti i Paesi del mondo ratificarono il trattato tranne Islanda e Norvegia che infatti hanno continuato a cacciarle, mentre il Giappone, pur ratificandolo, aggirò il divieto continuando le sue operazioni, nascondendole sotto la “bandiera” degli scopi scientifici.
Queste scelte purtroppo hanno portato ad una duplice conseguenza catastrofica. La prima e più ovvia è che la caccia è continuata, venendo per fortuna limitata solo a questi tre Stati; la seconda è che essi si sono autoregolamentati, assegnandosi in maniera del tutto arbitrale un numero di cetacei da catturare ogni anno. Siccome questa situazione stava diventando insostenibile, la Commissione baleniera internazionale (Iwc) ha proposto di legalizzare la caccia alle balene, ma con forti limiti.
L’obiettivo è di limitare fortemente la caccia perché con la legalizzazione si riuscirebbero a salvare dai 4 ai 18 mila esemplari in 10 anni. Infatti attualmente il tasso di caccia del solo Giappone (ma anche gli altri due Paesi hanno tassi simili) è tra le 765 e le 935 balene all’anno, sceso solo nell’ultimo anno a 507 grazie all’intervento degli ambientalisti. Le nuove norme prevederanno un tasso di caccia di 410 esemplari l’anno per i primi 5 anni e di soli 205 all’anno nei successivi 5. A livello di principio potrebbe anche andar bene, ma sarebbe come se, per risolvere il problema della droga, si legalizzasse la cocaina, dicendo che se attualmente uno spacciatore ne vende un chilo all’anno, rimane nella legalità se ne vendesse solo 500 grammi.
Australia e Nuova Zelanda si sono già opposte al provvedimento, ed anche il Cile ha lasciato capire che non lo accetterà perché è incredibile per loro che un animale in via d’estinzione possa essere cacciato per legge, seppur con dei limiti. Ma paradossalmente pare che nemmno il Giappone accetti queste condizioni, perché le ritiene troppo “strette”, e vorrebbe cacciare di più. Insomma, meglio vivere nell’illegalità che ridurre la speculazione legalmente.
Fonte: [Ansa]
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