Ufficialmente il summit di Copenaghen si è chiuso la sera del 18 dicembre. In realtà si è andati avanti ben oltre tale limite, fino alle 15:28 del giorno dopo. Il motivo di tale ritardo? Cercar di convincere i Paesi poveri a firmare questo accordo. Un accordo che non è un trattato e non è vincolante, tanto da far insorgere gran parte delle nazioni che lo ritenevano inutile (nella migliore delle ipotesi), fino a dannoso, o addirittura un “Olocausto che incenerisce l’Africa“, come l’ha definito il rappresentante del Sudan.
Ma alla fine la bozza di accordo che è stata stipulata da Cina e Stati Uniti, e fatta firmare anche da India e Sudafrica, ha posto fine a tutte le opposizioni. Gli unici a non voler firmare erano Tuvalu, la nazione che prima di tutte sta già pagando per il riscaldamento globale, Venezuela, Cuba, Bolivia, Nicaragua e Costarica. Ma in extremis, nella giornata di ieri, si sono viste costrette a firmare anche loro, in quanto trattandosi di una risoluzione Onu, dev’essere presa all’unanimità per poter essere approvata, e se non l’avessero fatto, avrebbero fatto saltare anche quel poco di buono che è stato deciso.
Infatti, se le polemiche si possono giustamente infervorare sul mancato vincolo al taglio delle emissioni e sulla mancanza di date, si deve riconoscere l’aumento del Fondo ai Paesi poveri a 30 miliardi di dollari entro il 2012 (all’inizio si parlava solo di 10 miliardi), che diventeranno 100 successivamente, e dunque almeno un impegno da parte delle nazioni industrializzate a “pagare per inquinare”. Per usare le parole di Barack Obama, è meglio di niente, visto che se non fosse passato l’accordo, questi Paesi avrebbero continuato ad inquinare senza sborsare un centesimo.
Il segretario delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha dichiarato:
Finalmente abbiamo un accordo, è un’ inizio fondamentale, anche se non è quello che tutti speravamo. Lavoreremo da subito per rendere vincolante entro il 2010 l’accordo raggiunto a Copenaghen.
L’altro punto su cui si è molto discusso è la mancanza di vincoli. Trattandosi di un accordo politico, ognuno è libero, al momento, di rispettarlo o di violarlo, e le Nazioni Unite vogliono mettere una pezza almeno su questo, tentando di obbligare tutti i contraenti a rispettarlo. Ma non finisce qui.
Se finora tutti i trattati vincolanti sono falliti, la speranza che si riesca ancora a far qualcosa c’è. La cancelliera tedesca Angela Merkel sta cercando di organizzare un nuovo incontro, simile a questo di Copenaghen, nella sua Germania per il prossimo giugno. Se non dovesse fare in tempo, tutte le speranze saranno rivolte al dicembre prossimo, quando a Città del Messico è in programma il Cop16. Può sembrare un clone di questo meeting, ma in realtà servirà ad Obama principalmente, ma anche agli altri leader che hanno un’opionione pubblica contraria, per convincere Parlamento e cittadini dell’importanza del tagliare le emissioni, ed arrivare al prossimo incontro più forti e più preparati di come sono arrivati a Copenaghen. Sperando che stavolta un trattato vincolante, che parli anche di tagli alle emissioni, si riesca a trovare. Il tempo è sempre di meno.
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