Alcuni parlano di lanciare specchi nello spazio per riflettere la luce del sole, mentre altri vogliono nubi alte nell’atmosfera con milioni di tonnellate di polvere di zolfo lucido. Ora, gli scienziati potrebbero realizzare il piano più ambizioso della geoingegneria per affrontare il cambiamento climatico: la conversione del deserto del Sahara secco in una lussureggiante foresta. Secondo gli scienziati che hanno ideato il piano, questo potrebbe significare la “fine riscaldamento globale“.
Il programma è stato ideato da Leonard Ornstein, un biologo cellulare del Mount Sinai School of Medicine di New York, insieme a Igor Aleinov e David Rind, modellisti del clima della NASA. Il trio ha illustrato il piano in un nuovo documento pubblicato sul Journal of Climatic Change. Secondo il gruppo, i campi coltivati con alberi a crescita rapida come l’eucalipto coprirebbero i deserti del Sahara ed i suoi “cugini”, innaffiati da acqua di mare trattata da una serie di impianti di desalinizzazione costieri e convogliata attraverso una vasta rete di irrigazione. Il nuovo manto di copertura degli alberi potrebbe così portare il sistema meteo a fornire delle proprie precipitazioni, mentre assorbe anidride carbonica nell’atmosfera da tutto il mondo.
I calcoli del team suggeriscono che tali foreste potrebbero recuperare circa 8 miliardi di tonnellate di carbonio l’anno, circa la stessa emessa dai combustibili fossili e dalla deforestazione oggi. Ma i costi? I ricercatori dicono che potrebbe essere più economico di quanto previsto se fatto con investimenti globali nella tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS).
I costi sono enormi, ma l’entità del problema è enorme. Credo che sia l’opzione più promettente e pratica in termini di tecnologia attuale per risolvere i pezzi più grandi del problema
spiega Ornstein, che è conosciuto come pioniere di una tecnica di biologia cellulare chiamata elettroforesi su gel di poliacrilammide del 1950. Lo schema potrebbe costare 1.9 dollari a tonnellata ogni anno.
Quando questo viene comparato con le stime di 800 miliardi all’anno per le tecnologie CCS, il nostro piano si presenta come perdente. Ma le CCS possono soddisfare solo il 20% circa del problema al prezzo di 800 miliardi. Il nostro lo risolve il tutto. E le CCS comporterebbero una rete di pericolosi gasdotti ad alta pressione che scorrono nei quartieri più sviluppati della nostra civiltà, rispetto agli acquedotti relativamente benigni nei deserti che sono attualmente praticamente disabitati.
Piantare alberi per combattere i livelli crescenti di anidride carbonica è controverso su larga scala, perché molti posti dove è già stato suggerito, come il Canada e la Siberia, sono nell’emisfero settentrionale dove il conseguente cambiamento di colore della superficie, prevalentemente dovuto a neve leggera e rocce scure, potrebbero assorbire più luce del sole e annullare il vantaggio del raffreddamento. Ornstein dice invece che le regioni subtropicali, come il Sahara e il deserto australiano, non hanno questo problema.
Dobbiamo stringere i denti, il riscaldamento globale non andrà via da solo […] solare, geotermico ed eolico possono apportare un contributo modesto. Tutte queste sono altre parti di una correzione. Ma più veloce una foresta può essere coltivata, più tempo sarà a disposizione per scegliere e attuare tali adeguamenti, e forse a sviluppare soluzioni alternative più attraenti.
Ornstein dice che i deserti più adatti sono quelli dell’Arabia Saudita e di una serie di nazioni africane ad ovest dell’Egitto. Questi gli altri piani: la foresta potrebbe essere una fonte a lungo termine di legno sostenibile che potrebbe essere usato come biocarburante per sostituire i combustibili fossili; installazione di specchi giganti e pannelli solari per generare elettricità; la creazione di nubi che favorirebbero anche l’agricoltura delle regioni circostanti.
Fonte: [The Guardian]
gennaro casciello 8 Novembre 2009 il 9:07 am
Non so se è stato calcolato il costo per l’Umanità dell’aumento della salinità del mare da cui, con impianti di desalinizzazione, si ricaverebbe l’acqua per innaffiare gli alberi piantati nel Sahara.
Da quel poco che conosco, sono costi talmente elevati che la soluzione potrebbe funzionare solo a fronte di un specie vegetale in grado di crescere con l’acqua salata e non con l’acqua dolce.
In fondo esistono alberi che vivono bene in riva al mare e si alimentano con l’acqua del mare.
Marco Mancini 8 Novembre 2009 il 9:43 am
Questo genere di alberi che dici tu non risolverebbero il problema, anche perché hanno bisogno di molta acqua e non potrebbero essere portati fino nel deserto. Comunque il sale che viene eliminato non è detto che venga rigettato in acqua, ma viene riutilizzato in commercio, ed in ogni caso non sbilancerebbe significativamente il tasso di salinizzazione delle acque
Camminando Scalzi 8 Novembre 2009 il 1:29 pm
Intanto date un occhiata allo scandalo delle foreste e l’olio di palma:
http://www.camminandoscalzi.it/wordpress/nel-paese-dellolio-di-palma-seconda-parte.html