Altro che crisi dell’economia. A far fare l’ennesima figuraccia davanti al mondo all’Italia stavolta ci si mettono anche le multinazionali. Sono state in 55 le aziende a livello mondiale che giovedì hanno sottoscritto il protocollo di Kyoto, lanciando un messaggio importante, cioè che è più importante la salute della Terra che qualche miliardo in più o in meno guadagnato.
A farsi da portavoce del movimento è stato Lars Josefsson, presidente della Vattenfall, quarto produttore di energia elettrica mondiale. Secondo lo svedese infatti al primo posto delle preoccupazioni delle maggiori industrie mondiali è il riscaldamento globale, e in questo caso allearsi con la politica per contrastare questo problema ambientale è prioritario rispetto ai dividendi.
Anche in Italia gli industriali si coalizzano con la politica, ma purtroppo nella direzione opposta. Confindustria ancora una volta ha avuto il coraggio di lamentare i costi troppo alti del pacchetto 20-20-20, ma la risposta di aziende come General Electric, Siemens, Hitachi, Aig, Volvo e tantissime altre sembra molto più convincente di quella che possono dare la Marcegaglia e Berlusconi insieme. Se possibile, il nostro Paese ha fatto una figura ancora peggiore quando al tavolo per chiarire i costi dell’adeguamento al pacchetto voluto proprio dal nostro Governo e tenutosi nei giorni scorsi a Bruxelles si è dimostrato che le cifre stabilite dall’Unione Europea erano esatte, e chi aveva fatto i conti sbagliati era proprio l’Italia.
I costi della riduzione della CO2 ammonteranno al massimo a 12 miliardi di euro (la metà di quanto previsto da Berlusconi) e cioè solo lo 0,66% del Pil. Adesso l’Italia non ha più scuse per rimandare gli investimenti sulle rinnovabili, e secondo il commissario all’ambiente Dimas, ogni volta che questi provvedimenti saranno rimandati, l’Italia perderà molti più miliardi del previsto, non perchè l’UE sia malvagia, ma perchè da noi ogni rinnovamento è più lento che nel resto dell’Europa.
goliapassa 20 Gennaio 2009 il 5:03 pm
Berlusconi ha sì fatto i conti male, eppure alla fine con la minaccia di non firmare è riuscire a trattare anche alcune condizioni, tra cui l’aumento dei fondi europei per lo sviluppo di stoccaggio di CO2. Per approvare ciò che tutti stiamo chiedendo, indovinate? Si è fatto promettere dei soldi…e immagino che tra le 55 multinazionali non rientri Scaroni, il grande amico del premier. Certo, lui come ad di Eni conosce bene il problema delle emissioni, tanto da dichiarare qualche giorno prima della firma che il protocollo di kyoto era insensato!