Sembra una previsione “alla Casaleggio”, ma purtroppo questa volta è stata presa molto sul serio dal mondo scientifico. Jorgen Randers, docente di strategia climatica alla BI Norwegian Business School, ha appena pubblicato un libro intitolato semplicemente “2052“. Quello, secondo le sue previsioni, sarà un po’ come la previsione dei Maya, ovvero l’anno in cui l’umanità entrerà in una sorta di crisi di risorse che ci costringerà a cambiare radicalmente le nostre politiche. Almeno se continuassimo ad agire come stiamo facendo oggi.
Secondo Randers quello che ci salverà sarà il rallentamento della crescita globale, non l’azione di alcun governo. Nella sua ottica non c’è politica governativa che tenga. Anche se i vari Paesi oggi si stanno sforzando per porre dei limiti all’inquinamento, al riscaldamento globale e quant’altro, questa è solo una minima minaccia, in confronto all’esaurimento delle risorse a disposizione sulla Terra. Ritorna così il concetto a cui ci stiamo abituando della sovrappopolazione. Il mondo a malapena regge le circa 6 miliardi e mezzo di persone che lo popolano, e se continuassimo a moltiplicarci a questo ritmo, potrebbe collassare.
Di questo passo tra quarant’anni i terreni non saranno più fertili, la quantità di cibo prodotto sarà ridotta all’osso, ed il mondo soffrirà sempre più la fame. La previsione di Randers, che per tutta la vita ha predicato a vuoto la teoria della decrescita, ben prima che questa teoria economica prendesse piede, è che per i prossimi 40 anni il PIL mondiale continuerà a crescere grazie ai Paesi in via di sviluppo (India, Sudafrica, Brasile e non solo) che seguendo l’esempio della Cina diventeranno sempre più importanti, economicamente parlando. Ma questa crescita andrà a scapito dell’ambiente, e così intorno al 2050 il Pil subirà un improvviso stop, con i Paesi poveri che cresceranno pochissimo e quelli ricchi che vedranno la propria economia ristagnare.
Dal punto di vista dell’inquinamento, la situazione non è catastrofica. Il picco nell’utilizzo dei combustibili fossili dovrebbe attestarsi intorno all’anno 2030, mentre nel periodo di riferimento, ovvero gli anni ’50 di questo secolo, le emissioni dovrebbero essere all’incirca allo stesso livello di oggi. L’incremento delle temperature di 2 gradi non potrà essere evitato, ma non si arriverà ad innalzamenti di molto superiori come dicono molti catastrofisti. Il problema verrà così sempre rinviato alla prossima generazione, e poi a quella dopo ancora. Il problema, conclude Randers, è che l’umanità ha perso la capacità di fare progetti a lungo termine. Pensa sempre al breve, giusto il tempo di un mandato politico, al massimo due, con la conseguenza che, a furia di nascondere la polvere sotto il tappeto, alla fine questo tappeto strabordi.
[Fonte e foto: Financial Mail]
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